Domenica XV - 16 luglio - fra Ermes Ronchi
Quel giorno Gesù (...) parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada (...). Un’altra parte cadde sul terreno sassoso (...). Un’altra parte cadde sui rovi (...). Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto (...).Matteo 13, 1-23
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E LE STRADE ESULTANO
Il contadino della parabola è diverso, eccessivo, illogico: lancia manciate generose anche sulla strada e sui rovi. È uno che spera anche nei sassi, un sognatore che vede futuro ovunque.
Egli parlò loro di molte cose con parabole.
Magia delle parabole: un linguaggio che contiene molto più di ciò che dice. Un minimo racconto, che funziona però da combustibile: interroga, accende idee, evoca immagini, suscita emozioni, avvia un viaggio.
Gesù amava i campi di grano, le distese di spighe e di papaveri; i passeri in volo e il fico. Osservava la vita e ne fluivano parabole.
Oggi osserva un seminatore e vi intuisce qualcosa di Dio.
Ecco, il seminatore uscì a seminare… ed è subito profezia d’estate, di pane, di tavole imbandite. Di fame finita.
Ma il contadino della parabola è diverso, eccessivo, illogico: lancia manciate generose anche sulla strada e sui rovi. È uno che spera anche nei sassi, un sognatore che vede vita e futuro ovunque.
Una pioggia continua di semi di Dio cade tutti i giorni sopra di noi, a riempire l'aria. Si staccano dalle pagine della Scrittura, e anche da parole di uomini, fecondano la terra.
Ma mentre egli seminava, una parte cadde sulla strada; vennero gli uccelli e la mangiarono.
Il primo errore lo compio quando sono come una strada, e non mi fermo mai. La parola di Dio chiede un minuto di sosta, un minuto di passione: chi corre sempre si circonda di invisibili, è un cieco derubato di senso e della fame di infinito.
Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra. Il secondo errore è il cuore poco profondo, poco cuore, che dimentica subito, non custodisce e non medita, non coltiva la profondità e appassisce.
Un'altra parte cadde sui rovi, che crebbero e la soffocarono.
Il terzo errore è l'ansia del benessere; e poi la spina del quotidiano, dovuta alla fatica di resistere allo sconforto, alla solitudine, all'insicurezza per il domani. Spina che soffoca e ti fa credere che in te non ci sia spazio per un seme divino, per un sogno grande. Perché per quanto il seme sia buono, se non trova in te acqua, luce e protezione, la giovane vita che ne nasce morirà presto.
Tutti questi semi perduti, spengono forse la fiducia del grande Seminatore? No. Egli ne sparge ancora, coprendo con essi ogni errore dell'uomo.
Dio generoso, che ancora semina in me, senza sosta.
Noi siamo chiamati ad essere i contadini di Dio con l'ostinazione della parabola, fiduciosa nella forza che non risiede in me, ma nella Parola. Allora io voglio farmi terra buona, terra madre accogliente per il mio piccolo germoglio.
Se io, campo imperfetto, predicassi solo ciò che riesco a vivere, non dovrei nemmeno aprire bocca. Ma io non predico ciò che ho raggiunto, ciò che tento di dire è la bellezza e la potenza della Parola, seme che attraversa la mia terra nera e le mie viltà, incendia le primavere e si ribella, insieme alla creazione, a tutte le sterilità.
Dio esce ancora a seminare, esce a spargere vita a piene mani, e le strade del mondo e dell'anima, riconoscenti, esultano.