IV di Pasqua - 30 aprile - Commento di fra Ermes Ronchi
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Gv 10,1-10
Sono venuto perché abbiano la vita, vita in abbondanza.
La chiave di volta della mia fede. Fonte a cui ritorno, parole piene di sole. Venuto a portare vita, non un sistema di pensiero, una vita piena, abbondante, potente, viva; vita ‘cento volte tanto’ dirà a Pietro, cento volte più forte. Vita in HD, in alta definizione.
La prova ultima della bontà della fede cristiana sta nella sua capacità di comunicare vita, umanità piena, futuro; di creare in noi il desiderio di ulteriore vita, eterna, indistruttibile, fatta di cose che meritano di non morire mai.
Al tempo di Gesù i pastori erano soliti condurre il loro gregge in un recinto per la notte, un solo recinto e un solo guardiano servivano per molte greggi. Al mattino, ciascun pastore tornava al recinto, gridava il suo richiamo e le sue pecore, solo le sue, riconoscendone la voce, lo seguivano ( B. Maggioni).
E le conduce fuori. Anzi: “le spinge fuori”. Non un Dio dei recinti ma uno che apre spazi, pastore di libertà e non di paure. Che mi spinge fuori dal mio piccolo buco di abitudini, a tentare passi nuovi, pascoli nuovi. Le pecore non tornano sui pascoli di ieri, pena la fame e l’inedia, l’erba è finita, sono “gregge in uscita”, incamminato, che ha fiducia nel pastore e anche nella storia, nera di ladri e di deserti, ma bianca di sentieri, e verde di pascoli nuovi.
Il pastore cammina davanti alle pecore. Non abbiamo un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini. Non un pastore alle spalle, che grida o agita il bastone, ma uno che precede e convince, con il suo andare tranquillo, che la strada è sicura.
Le pecore ascoltano la sua voce. E lo seguono. Basta la voce, non servono grida, perché si fidano e si affidano. Perché lo seguono? Semplice, per non morire. Quello che cammina davanti, che sa il mio nome, non è un ladro di felicità o di libertà. Io sono la porta: non un muro, o un vecchio recinto, dove tutto gira e rigira e torna sui suoi giri. Cristo è porta aperta, buco nella rete, passaggio, transito, per cui va e viene la vita di Dio. Non si sta fermi sulla porta, si passa oltre. Infatti: Ognuno entrerà, uscirà e troverà pascolo. Troverà futuro.
“Amo le porte aperte che fanno entrare notti e tempeste, polline e spighe. Libere porte che rischiano l’errore e l’amore. Amo le porte aperte di chi invita a varcare la soglia. Amo le porte aperte: buchi nella rete, brecce nei muri, di chi ha fatto voto di libertà, strade per tutti noi. Amo le porte aperte di Dio” (Francesco Fiorillo).
Lui, pieno di futuro, mi rassicura: provvede manna per quarant’anni di deserto, pane per cinquemila, anfore colme fino all'orlo, pelle di primavera per il lebbroso, pietra rotolata via per Lazzaro, profumo che riempie la casa.
L'asse attorno alla quale danza il Vangelo è vita piena da parte di Dio, che un verso di Giuseppe Centore canta così: “Tu sei per me/ segretamente/ ciò ch'è la primavera per i fiori!”. Fioritura dell’essere.
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