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L'atto d'amore perfetto

Data: 31-03-2023, in Commenti al Vangelo

Domenica delle Palme - 2 aprile - p. Ermes Ronchi

Quanto volete darmi perché io ve lo consegni? In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. Matteo 26,14-27,66

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L'ATTO D'AMORE PERFETTO

Gli ultimi giorni di Gesù: dall’entrata in Gerusalemme, al rinnegamento di Pietro, fino alla folle corsa di Maria nel mattino di Pasqua, quando anche la pietra del sepolcro si veste di angeli e di luce, e ogni paura vola via.

Giorni supremi dal respiro profondo, respiro del tempo che cambia ritmo nell’attesa di qualcosa, di qualcuno che viene.

L’attesa ci fa passare attraverso il volto amico di Maria, che a Betania prende fra le sue mani i piedi di Gesù, ben povero tesoro, dove nulla c’è di divino, solo la stanchezza di essere uomo. Carezze di nardo su quei piedi così lontani dal cielo, così vicini alla polvere con cui Dio fece Adamo.

Una carezza sui piedi di Dio. Piedi sulle strade di Galilea e sul mio cuore, dove anch’io sono polvere e cenere. Dio non ha ali, ma piedi per perdersi con me nelle strade della storia.

Dio viene come un Re mendicante. A Betlemme la sua famiglia era ricca d’amore e la speranza viaggiava a dorso di un asinello, ora è così povero e solo da non possedere neanche la più povera bestia da soma. Un amante disarmato.

Benedetto Colui che viene, benedetto perché viene! È stupendo poter dire: Dio viene. In queste strade che sentono di folla, nella mia casa che sa di pane, Dio viene ancora. Si avvicina, è alla porta.

Poi Gesù si consegna alla morte. Perché? Per essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui, il volto vero e alto dell’uomo, come quando appare al balcone di Pilato (ecco l’uomo!) col volto intriso di sangue, ed è il balcone del mondo dove è ancora crocifisso in tutti i suoi fratelli, straziato nella loro carne, straziata e santa.

In questa lenta settimana, possiamo seguire Gesù ora per ora. La cosa più santa che possiamo fare è stare con lui come le donne, come il centurione esperto di morte, per provare a capire che lì, in quell’agonia, canta il primo vagito di un mondo nuovo.

Cosa ha visto in lui il centurione pagano? Il guerriero non ha assistito a nessuna risurrezione, solo a una esecuzione capitale, a una morte da schiavi.

Cosa ha visto nello strazio di un morente? Un terremoto, una passione che, come vento di primavera, trema indomita sulla croce, una forza che scuote le pietre dei sepolcri, che non lascia dormire la polvere, ma vi fa entrare il respiro del mattino. La croce è l’abisso dove Egli viene da amante.

Il soldato ha visto che è possibile un altro modo di essere uomini. Ha visto il mondo capovolgersi: Dio che dà la vita anche a chi gli dà la morte; che non risponde al male con un di più di violenza, ma prendendolo su di sé.

La croce è l’immagine di Dio più pura, più alta, più bella della nostra fede; qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio: lui è con me, fino all’estremo, per sempre.

Incantati, poggiamo saldi sulla cosa più bella del mondo: un atto d’amore, un dono d’amore, perfetto.

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