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Busseremo e troveremo

Data: 21-07-2022, in Commenti al Vangelo

Domenica 24 luglio - p. Ermes Ronchi

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”» (...). Luca 11, 1-13

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BUSSEREMO E TROVEREMO

Siamo così: povera gente ricca solo di amici, che, per avere ciò che fa vivere, trova il coraggio di uscire nel colmo della notte, di bussare a porte chiuse, di chiedere e tornare a chiedere. 

«Signore, insegnaci a pregare». E Gesù racconta due parabole che cominciano così: «Se uno di voi ha un amico...se un figlio chiede al padre...».

Una storia d'amicizia ci insegna come pregare, una vicenda di affetti è il segreto della preghiera. Amico, prestami tre pani. Non per me, ma per un amico.

Un uomo è uscito nella notte, ha camminato fino alla casa dell'amico, bussa e non chiede per sé, ma per un altro amico che a sua volta ha camminato nella notte, come in un girotondo.

Siamo così: povera gente ricca solo di amici, che, per avere ciò che fa vivere, trova il coraggio di uscire nel colmo della notte, di bussare a porte chiuse, di chiedere e tornare a chiedere. 

Il pane e gli amici sono necessari e sufficienti per vivere bene. E allora le notti del mondo si coprono di una rete di strade che ci portano di casa in casa, di cuore in cuore. Il mondo si copre di un fittissimo reticolo di fiducia per far circolare il pane d’amicizia nelle sue vene più profonde. Pregare è instaurare in questa storia diffidente un tessuto di fiducia.

Donaci un pane che sia "nostro" e non solo "mio", pane condiviso, perché se uno è sazio e uno muore di fame, quello non è il pane tuo. E se il pane che ci attende sulla tavola è dono troppo grande, donaci buon seme per la nostra terra; e se un pane già pronto non è cosa da figli adulti, fornisci lievito buono per la dura pasta dei giorni.

Da duemila anni ripetiamo il Padre Nostro, ma non siamo diventati fratelli e il pane continua a mancare. Una domanda enorme corrode le nostre preghiere: Dio esaudisce?

Sì, ma non le mie preghiere, bensì le Sue promesse, perché egli si coinvolge, intreccia il suo respiro, mescola le sue lacrime con le mie. Dio vive con me, mi ama, e proprio per questo perdona i miei errori, toglie ciò che mi pesa sul cuore e lo imbruttisce, ciò che di me ha fatto male agli altri, ciò che degli altri ha fatto male a me. Chiude le ferite che io ostinatamente mantengo aperte.

Il perdono non è un colpo di spugna sul passato, è un vento che spiana il futuro, insegna respiri. E noi che ora lo conosciamo, facciamo lo stesso con gli altri e con noi stessi, per tornare a vivere di pace.

Non abbandonarci alla tentazione. Non chiediamo l’esenzione dalla prova, ma di non essere lasciati soli a lottare nel giorno del buio. E dalla sfiducia e dalla paura tiraci fuori; e da ogni caduta rialzaci. 

Tra i due amici della prima parabola sta in mezzo una porta chiusa. Anche nel percorso indicato da Gesù c'è una porta chiusa: «Chiedete, cercate, bussate».

Anche se la porta è chiusa, anche se Dio sembra muto, anche se la fiducia si fa difficile, oltre la porta inizia il canto dell'amicizia. Quella porta non è lontana, è alla latitudine del cuore.

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