Domenica 17 ottobre - p. Ermes
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».[...] Marco 10,35-45
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LO SCETTRO NELLA BROCCA
Nessun padrone a tenerci legati, ma servi di ogni frammento di vita, perché l'unico modo affinché non ci siano più padroni è essere tutti a servizio di tutti, con grandissimo coraggio.
Vangelo dei paradossi perenni, nella più sorprendente autodefinizione di quel Gesù «venuto per servire». Tutto nasce dal fatto che Giovanni il teologo, l'aquila, il mistico, il discepolo amato, chiede di essere al primo posto.
L’ansia del primo posto è una passione così forte che avvolge e penetra il cuore di tutti. Pericolosamente.
Gesù prende le radici del potere e le capovolge al sole e all'aria: Non sapete quello che chiedete! Non avete ancora capito a cosa andate incontro, quali argini rompete con questa domanda, che cosa scatenate con questa fame assurda.
Adesso non solo i due figli di Zebedeo (i boanerghes, i figli del tuono, irruenti e autoritari come indica il soprannome datogli da Gesù), ma tutti e dodici vengono chiamati di nuovo dal maestro, che spalanca loro l'alternativa cristiana: tra voi non sia così.
I grandi della terra dominano sugli altri, si impongono; credono di governare con la forza... ma voi no, non siate così!
I potenti del mondo costruiscono imperi di oppressi, di conquistati, di uccisi, ma Dio non è così. Non ha troni, solo un asciugamano. S'inginocchia davanti a te, e il suo impero è quel poco spazio che basta a lavarti i piedi. Da lì, da terra, cerca gli occhi tuoi di figlio, e le ferite del mondo, per fasciarle con bende di luce.
Essere sopra l'altro è stare alla massima distanza da lui, ma qui Dio capovolge la storia e si pone alla massima vicinanza, ai tuoi piedi.
Vanno a pezzi le vecchie idee sul Signore padrone dell'universo, sul Re dei re che ora diventa servo di tutti. Non tiene il mondo ai suoi piedi, ma si inginocchia lui davanti a me, creatura. Come sarebbe l'umanità se avessimo l’uno per l'altro la premura umile di Dio? Se ognuno si inchinasse non davanti al potente, ma all'ultimo?
Noi non abbiamo ancora capito cosa significhi davvero un Dio nostro servitore. Il padrone fa paura, il servo no. Il padrone giudica e punisce, il servo non lo farà mai: non spezza la canna incrinata, la fascia come fosse un cuore ferito; non spegne lo stoppino dalla fiamma smorta, lo lavora affinché ne sgorghi di nuovo il fuoco.
Dio non pretende che siamo già luminosi, lui opera in noi, con noi, perché lo diventiamo. Se Egli è nostro servitore, chi sarà nostro padrone? Il cristiano non ne ha! Nessun padrone a tenerci legati, ma servi di ogni frammento di vita, perché l'unico modo affinché non ci siano più padroni è essere tutti a servizio di tutti, con grandissimo coraggio.
Ma io tremo se penso alla brocca e all'asciugamano. È così duro servire ogni giorno, custodire germogli, vegliare sui passi della luce, benedire ciò che nasce. Il cuore dubita, ed è subito stanco.
Non resta che lasciarsi abitare da lui, non resta che affidarsi ancora al vangelo. Se Dio è il nostro servitore, servizio è il nome nuovo della storia, il nome più umano della civiltà.
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