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Essi danno ordini al futuro

Data: 16-09-2021, in Commenti al Vangelo

Domenica 19 settembre - p. Ermes Ronchi

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». [...] Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. [...] Marco 9,30-37

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ESSI DANNO ORDINI AL FUTURO

Proporre il bambino come modello di fede è far entrare nella religione l'inedito. Lui non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida.

Gesù oggi ci offre tre definizioni di sé, una più contromano dell'altra, valide per ogni epoca; ultimo, servitore, piccolo, mettendo al centro non se stesso ma colui che è il più inerme e il più amato: un bambino.  

Mette i dodici, e noi, di fronte a un limpidissimo e stravolgente pensiero: chi vuol essere il primo sia l'ultimo, il servo di tutti. Così Gesù ci disarma e sguinzaglia il nostro lato giocoso, fanciullesco.

Proporre il bambino come modello di fede è far entrare nella religione l'inedito.

Cosa sperimenta un bambino? La tenerezza degli abbracci, l'emozione delle corse, il vento sul viso... Non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida.

Un bambino non basta a se stesso, e riceve tutto restituendo così poco; improduttivo eppure in pace davanti al futuro, sicuro non di sé, ma dei genitori; forte non della propria forza, ma di quella con cui lo sollevano le braccia del padre. Un bambino porta festa nel quotidiano! Lui sa aprire la bocca in un sorriso quando ancora non ha smesso di asciugarsi le lacrime.

Nessuno ama la vita più appassionatamente di un bambino.

Averlo come riferimento, per il cammino del credente, significa entrare in un mondo grande appena quanto lo spazio del grido con cui egli chiama la madre. Ma “se non diventerete come loro”, se non ritroverete lo stupore di essere figli piccolini che sanno piangere imparando a ridere, non entrerete mai nel Regno, perché non sapete cos’è la gioia!

Parole mai dette prima, scandalo per i giudei, follia per i greci, ma parole finalmente liberate come uccelli, come angeli sui confini infiniti dell’anima e del tempo. Solo i bambini danno ordini al futuro.

«Chi accoglie un bambino, accoglie il Padre». Mi commuove l'ottimismo di Dio: non tanto l'uomo è sua immagine, ma lo è il bambino, l'eterno che si abbrevia nel frammento. Per Gesù, Dio è il padre buono che scorge il figlio da lontano e gli si butta al collo, è il pastore che trova la pecorella e se la pone sulle spalle.

Dio abbraccia il più piccolo perché nessuno sia perduto; non la briciola di pane, non l’agnellino in fondo al gregge, non due spiccioli di un tesoro. «Neppure un capello del vostro capo, neppure un passero che cade a terra». E come potrebbe mai andare perduto un bambino?

Accogliere, verbo che plasma il mondo come Dio lo sogna. Ci sarà futuro se l'accoglienza, tema bruciante oggi più che mai sui confini d'Europa, sarà il nuovo nome della civiltà. Un invito per tutti a farsi madri di Dio, con Maria; che nella vita non ha fatto nient'altro di speciale che accogliere Dio nel suo bambino, e con questo ha fatto tutto. E a noi non resta che farci prendere in braccio.

La Chiesa, o è madre accogliente per tutti, o non è, perché accogliere l’ultimo è accogliere Dio, e non si può abbandonare Dio sulla strada.

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