Commento di domenica 21 marzo - p. Ermes Ronchi
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (…) Giovanni 12,20-33
PICCOLA BOMBA DI VITA
Se vuoi vedere me, guarda il chicco di grano. Una frase difficile e
pericolosa se capita male, perché può legittimare una visione distorta
della fede.
Tutto parte da una domanda forte “vogliamo vedere il Signore” , parole
d’allora, di oggi e dell’uomo di sempre, perché Dio non si dimostra con
alte catechesi, ma si mostra con mani d’amore e occhi limpidi, con una
vita abitata da lui.
E io, discepolo interpellato come Filippo e Andrea, cosa rispondo? Il
vangelo suggerisce tre immagini: chicco di grano, croce, strada. E,
sempre, la terra che è il cielo di Dio, cielo di mitezza e di spine,
grembo del grano, sostegno della croce, strada del discepolo.
A prima vista, ogni seme sembra un guscio secco e spento, in
realtà è una piccola bomba di vita che cade in terra, e ciò che sembra
morte in realtà è l’inizio di un lavorio infaticabile e meraviglioso,
che è il dono di sé: dalla terra al chicco, dal chicco al germe, dal germe al frutto.
Lo sguardo del vangelo va quindi a posarsi sulla fecondità, sul
molto frutto, non sul morire!
Tuo è solo ciò che hai donato e che ritorna a te, moltiplicato. Per
questo anch’io sarò un granello sepolto, lontano dal clamore, nel
silenzio della mia terra, seminato nel quotidiano della famiglia, nella
terra arida del mio lavoro e in quella amara delle domande incompiute e
delle lacrime.
Sapendo che quando si sceglie di donare se stessi si è sempre soli, come
la partoriente che se anche avesse il mondo intero attorno a sé, resta
sola con la sua paura e il suo miracolo. Ma poi, attraverso il dono di
sé, ecco vita nuova e più grande. Allora sì il chicco muore, ma nel
senso che la sua vita di prima è trasformata in una forma più evoluta e
potente.
Chi vuole vedermi, mi segua. L’unica visione che ci è concessa è la
sequela, come Mosè sul Sinai, che vuole vedere Dio e lo scorge solo di
spalle, e mentre passa è già oltre.
Così noi per vederlo camminiamo sulle sue orme, dietro l’eco delle sue parole, nella scia del profumo dei suoi gesti.
E non cancelliamo i turbamenti di Gesù: danno forza, dicono che come un
coraggioso anche lui ha avuto paura; che ha amato questa mia stessa vita
all’estremo, che non è andato alla morte sorridendo, ma con un folle
atto di fede. Infatti l’amore che l’ha portato sulla croce, inerme e
virile insieme, l’uomo non riesce a reggerlo, è troppo limpido.
Ma ogni uomo e donna sono piccolo chicco seminato nei solchi della
storia. Se sei generoso di te, di tempo, cuore, intelligenza; se ti
dedichi, come un atleta, uno scienziato o un innamorato al tuo scopo,
allora produci molto frutto, e moltiplichi la vita intorno a te.
Sarò innalzato e vi attirerò a me. Alto sui campi della morte, Gesù è amore fatto visibile. Alto sui campi della vita, è amore che seduce.
«La Croce non ci fu data per capirla ma perché ci aggrappassimo ad essa»
(Bonhoeffer): attratto, sedotto da qualcosa che non capisco del tutto,
mi aggrappo anch’io al morente in eterno, in eterno risorgente.
Commento pubblicato su Avvenire
Vogliamo vedere Gesù: domanda dell’anima eterna (…)