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Come carezza sul cuore

Data: 10-01-2021, in Commenti al Vangelo

Domenica 10 gennaio 2021 - p. Ermes Ronchi

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. […] Marco 1,7-11

COME CAREZZA SUL CUORE

Il racconto del Giordano ci riporta all’inizio, a quando tutto
prese avvio con una immagine d’acqua, e lo Spirito di Dio
aleggiava come un grande uccello in cova su un mare gonfio di
vita inespressa (Gen 1,2). L’origine del creato è scritta sulle
acque.
Il brano, come una miniatura di Vangelo, ne racconta alcune delle
verità più alte con i simboli della Trinità: una voce, un figlio, una
colomba.
Dicono Matteo e Luca che al battesimo di Cristo il cielo si aprì,
ma Marco, con una espressione più forte, racconta che si lacerò,
si squarciò, si spezzò. Noi siamo figli di un cielo lacerato: vita ne
entra, vita ne esce, e nessuno lo richiuderà più.
Il rito del Giordano porta impresso il sigillo di nascite e
rinascite, voce che allora come oggi sussurra: tu sei figlio, quello
che io amo! Parole in cui anch’io ho ricevuto la mia “nascita
dall’alto”. Io che non l’ho ascoltato, io che me ne sono andato, io
che l’ho anche tradito sento dirmi: «In te ho posto il mio
compiacimento». In me Lui sarà al sicuro, e mi sale un nodo in
gola.
“Tu mi piaci”. Parole di sorriso, parole eterne che bastano a
tutta una vita, a una vita intera. Cosa volere di più da un padre?
Una dichiarazione folle di Dio su di noi: prima che tu faccia qualsiasi cosa, così come sei, per quello sei, tu mi dai gioia e io ti amo.
Cieli spalancati di felicità come braccia infinite del bimbo per la madre, come dell’amore per l’amore.  Come una carezza sul cuore.
Il battesimo racconta anche ciò che a Dio manca: al Padre manca di essere amore riamato dai liberi, splendidi, meschini, figli che noi siamo.
Tu sei mio, oggi ti ho generato e ti affido al rischio di essere te stesso, figlio che cerca di diventare fratello dell’uomo.
Se è vero che il nostro battesimo continua quello di Gesù, aprire spazi di cielo resta la nostra vocazione, ricordiamolo al nostro cuore distratto. Significa mescolare in giuste proporzioni finito e infinito (Platone), aprire speranza come si apre una porta chiusa. Significa, come Isaia, farci sovrastare dalle vie di Dio, dai suoi pensieri; e forzare il cielo perché vi si affacci la giustizia; forzare la terra perché, per me, attorno a me, essa si abbracci con la pace.
Da questo cielo aperto viene, come colomba, la vita stessa di Dio, il suo respiro. Si posa su noi e ci avvolge, ci trasforma nei pensieri e negli affetti secondo la legge dolce ed esigente del vero amore, per fare con Dio le cose che solo Dio sa fare.

Allora ti prende una nostalgia, un desiderio di fare qualcosa che assomigli a ciò che è detto di Gesù: passare nel mondo facendo
del bene, senso del nostro pellegrinaggio, qui e ora. Passare nella
vita donando, senza pretendere un ritorno; ma accendendo,
perdonando, aprendo spazi a un profumo di cielo. E scoprire che amare fa rinascere. Sempre. Di nuovo.

Commento pubblicato su Avvenire

Sulle rive del Giordano, il Padre presenta Gesù al mondo (…)

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