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Madre padre e re

Data: 08-09-2022, in Commenti al Vangelo

Domenica 11 settembre - p. Ermes Ronchi

In quel tempo (...) disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno (...)Luca 15, 1-32

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MADRE PADRE E RE

Padre, mi ero perso! Ma ora imparo da te e mi prendo il tuo abbraccio, la tua veste nuova, la tua festa. Sono l'eterno mendicante, sono la tua agonia, sono la tua gioia. Sono tuo figlio.

Un pastore sfida il deserto, una donna non si dà pace per una moneta che non trova, un padre tormentato esperto in abbracci. Le tre parabole della misericordia sono il vangelo del vangelo.

C'era come un feeling misterioso tra Gesù e i peccatori, un cercarsi reciproco che scandalizzava scribi e sacerdoti. Gesù allora spiega questa amicizia con tre parabole tratte dalla vita: una pecora e una moneta perdute, un figlio che se ne va e si perde. Storie in cui risaltano la pena di Dio quando perde e cerca, ma soprattutto la sua gioia quando trova.

Un padre aveva due figli. Se ne va, il giovane, cercando felicità nelle cose che il denaro procura, ma le cose hanno sempre un fondo e il fondo delle cose è vuoto.

Io voglio bene al prodigo. Il prodigo è storia di tutti, questa crisi del ribelle l'abbiamo vissuta tutti, e spesso la rivolta non era che il preludio a una dichiarazione d'amore.

Ma il libero ribelle è diventato servo, ha fame, «può rubare le ghiande ai porci, ma non può accontentarsi, come loro, delle sole ghiande. Crudeltà questa? No, Provvidenza» (Mazzolari).

L'uomo nasce con il cuore malato di cose lontane, e il principe diventato servo ritorna in sé. Chiamato da un sogno di pane (la casa di mio padre profuma di pane!) si mette in cammino.

L'uomo cammina, Dio corre. L'uomo si avvia, Dio è già arrivato. Infatti: il padre, vistolo da lontano, gli corse incontro...

E lo perdona prima ancora che apra bocca, dimostrando che il tempo della misericordia è l'anticipo. Si era preparato delle scuse, il ragazzo, ma il Padre perdona non con un decreto, ma con un abbraccio; e non gli domanda: dove sei stato, cosa hai fatto? Chiede invece: dove sei diretto? Il territorio di Dio è il futuro.

I gesti che il padre compie sono insieme materni, paterni e regali (R. Virgili): materno è il suo perdersi a guardare la strada; paterno è il suo correre incontro; regali sono l'anello e la tunica e la grande festa.

Padre, non sono degno, trat­tami da servo. E lui lo in­terrompe, senza condanna né assoluzione, perché il primo sguardo di Dio non si posa mai sul peccato, ma sulla sofferenza, per guarirla.

Il fratello maggiore torna dai campi e si arrabbia col mondo. Ha misurato tutto sulla contabilità del dare e dell'avere, come un salariato. Ma il padre vuole sal­vare anche lui dal cuo­re di servo che si ritrova: «tu sei sempre con me, tutto ciò che è mio è tuo». Tutto! Avrà capito?

Anche noi, sotto lo sporco e i graffi della vita, possiamo scovare un tesoro sconosciuto tra i cocci di un vaso di creta, pagliuzze d'oro nella corrente fangosa.

Padre, mi ero perso! Ma ora imparo da te e mi prendo il tuo abbraccio, la tua veste nuova, la tua festa. Sono l'eterno mendicante, l'eterno ingannatore. Sono la tua agonia, sono la tua gioia. Sono tuo figlio.

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